Chi ancora non lo ha fatto o chi è scettico dovrebbe, finché è in tempo, provare ad assistere ad un concerto di Bruce Springsteen. C’è poco da fare, Lui è diverso da tutti gli altri musicisti, senza nulla togliere alle altre grandi star della musica mondiale.
Te ne accorgi non appena arrivi al luogo dell’evento, anzi già mentre ti ci avvicini.
Un sentimento di fratellanza ti accoglie facendoti sentire amico di chiunque ti passi accanto, che abbia quindici o cent’anni.
È diverso da altri eventi, in cui magari ti incazzi perché quello davanti porta il cappello o perché confabula mentre l’artista canta o perché è più alto, o anche quando il bischero di turno si mette sulle spalle la fidanzata -evento tra l’altro sempre più raro per l’aumento del peso medio delle fidanzate- che non ne vuole sapere di scendere giù.
No, tu entri e siamo tutti fratelli o almeno parenti alla lontana, ma non di quelli da evitare.
Se fossi credente direi che saremmo dei fedeli in attesa del miracolo,ma la differenza è che qui il miracolo si avvera e si rinnova ad ogni concerto.
A Padova era solo il mio secondo concerto di Bruce, sebbene lo seguissi fin da quando, negli anni ’70 ed io imberbe teenager, arrivarono le prime notizie su di un americano del New Jersey che si diceva essere “il futuro del rock’n’roll“.
Chi scrisse quella frase era allora uno dei più quotati giornalisti americani, Jon Landau, che da lì a poco buttò all’aria il suo lavoro, ipotecò la sua casa, diede fondo ai risparmi di una vita e diventò il produttore di Born To Run e di tutti gli altri dischi del Nostro.
Mica scemo.
Nel 2012 il mio battesimo del fuoco fu Trieste, un concerto indimenticabile che mi fece prendere nuove misure di questo gigante che ormai pochi aggettivi riescono a descrivere. Di allora ricordo tutto, a partire dalla sensazione di cui sopra, e di un Bruce e di una E-Street Band tutt’uno con il pubblico, come se suonasse in un piccolo locale dove tutti si conoscono e si chiamano per nome.
Ehi Bruce, me la porti una birra? Subito, come la vuoi?
Ricordo tra tutte una My City Of Ruins e una 10th Avenue Freeze Out che mi fecero commuovere come mai prima ad un evento musicale, e poi ero lì assieme al mio amore, il concerto perfetto insomma. Quindi per il secondo concerto, peraltro dello stesso tour e ad un anno appena di distanza dal precedente, ero piuttosto preoccupato che si potesse rivelare una delusione.
Mi era già successo in passato, mai ripetere certe esperienze per le quali le aspettative sono altissime. Con i Pink Floyd, mica bruscolini.
Però ero rimasto così colpito, così affascinato che non appena saputo che Bruce sarebbe ritornato a suonare in Italia non ci pensai due volte e mi feci rapinare per l’ennesima volta da ticketuan.
Son rapine ben tollerate, va detto.
Tralascio l’arrivo abbastanza avventuroso nei pressi dello Stadio Euganeo di Padova con il mio amico Joe, dove ogni parcheggio era occupato da chi aveva avuto la buona idea di arrivare con un pò più di anticipo, e che ci ha fatto perdere i due pezzi del preshow acustico delle 18:30.
Colpa nostra, pace. tralascio anche la tragicomica avventura nel tentare di piazzare due biglietti che io e il mio amico avevamo in più per il forfait delle nostre compagne.
Chissenefrega, ormai eravamo dentro, dopo aver circumnavigato tutto l’Euganeo visto che il nostro ingresso si trovava all’esatto opposto del punto di arrivo. Fantozzi ci fa una sega.
Nonostante le previsioni che davano acqua a catinelle, ci siamo anche goduti un bel tramonto rosso fuoco e proprio mentre il sole lasciava spazio alla notte, senza preavviso un accordo di chitarra ci mostra Lui che da solo arriva sul palco, fa i saluti di rito alla prima volta a Padova e parte con una scarna e tirata versione acustica di The Ghost Of Tom Joad.
Ora, io non so se sia l’età o una aumentata sensibilità verso le bellezze della vita, ma da subito ero lì imbambolato, stupefatto e felice con gli occhi gonfi di lacrime di commozione.
Non starò certamente a descrivere tutto quello che Bruce ha cantato quella sera, voglio solo soffermarmi su ciò che accade quando Lui canta e si dona al pubblico toccando la gente, parlandoci, tirando sul palco le solite fortunate ragazze per improvvisarci uno o due passi di danza.
C’è con Bruce una sorta di rispetto da entrambe le parti, lui parla con tutti, tocca tutti, si fa toccare da tutti, il pubblico non approfitta mai di queste situazioni sapendo rimanere sempre al proprio posto e conoscendo perfettamente quali sono i limiti da non oltrepassare. Quando la ragazza di turno che balla con lui sul palco viene riaccompagnata nel pit, mai accade che qualcuno dia inescandescenze perché non vuole tornar giù, mai si vedono momenti idi imbarazzo, perché è una grandiosa festa dove tutti rispettano tutti e dove non c’è invidia per chi riesce ad essere protagonista per pochi minuti.
Solo ammirazione.
Dicono che a Bruce l’Italia piaccia, perchè siam matti (“questi pazzi italiani“), in realtà non so come siano i suoi concerti al di fuori del nostro paese, fatto sta che a Padova ad un certo punto è accaduto qualcosa mai visto prima, a quanto dicono coloro che registrano ogni singolo evento del Boss.
I piccoli miracoli sono all’ordine del giorno ai concerti di Bruce, c’è chi riesce a stringergli la mano, chi a scambiarci una battuta, chi a ballarci. Per quelle persone quei piccoli gesti di attenzione sono eventi e ricordi che dureranno una vita intera. E Lui lo sa, sa che significa qualcosa nella vita di ognuno dei presenti ad ogni singolo spettacolo, Lui lo sa ed ogni singolo spettatore sente questa sincerità che è alla base della sua longevità artistica e umana. Anche quando si trova fuori dagli stadi è una persona normale, non si sottrae mai al saluto di chiunque, va a prendere i suoi figli a scuola in macchina senza guardie del corpo o altro che potrebbe aumentare le distanze tra Lui e il mondo, anzi.
Stavolta però, dopo aver già deliziato tutti suonando l’intero Born To Run dall’inizio alla fine, ad un certo punto chiacchiera con qualcuno nel pit dopo aver letto qualche cartello di richiesta, poi tira su una strana cosa simile ad un’asse per lavare, ma di metallo, continua a parlare, poi si rivolge a Little Steven che annuisce ed allora ecco che avviene quello che chiunque non si aspetterebbe mai:
tirano su un tizio con barba e occhiali e Bruce gli fa “Ok, your name?”
“My name is Caterino and I use to play most of your songs with my band called The Fireplaces, and one of them is Mary Don’t You Weep”
“We won’t play Mary Don’t You Weep tonight, but you can play this other one with us!”
e presenta la E-Street Band come “formerly the Fireplaces” tra le risate generali del gruppo ed iniziano a suonare Pay Me My Money Down con un incredulo ma preparato Caterino Groove Riccardi alla washboard.
In quel momento tutti noi eravamo lui, Andrea detto Caterino Groove Riccardi, che in un piccolo grande miracolo coronava il sogno di una vita, quello di suonare con la E-Street Band e accompagnare il Boss in una indiavolata cover di uno standard folk del 1942 già portata al successo tra gli altri dai Weavers di Pete Seeger e ripresa più tardi proprio da Springsteen nelle Seeger Sessions.
Oltre quarantamila persone hanno fatto il tifo per Caterino, perché Caterino è diventato per una sera il simbolo del ce la possiamo fare, del We Shall Overcome, della speranza e della caparbietà che ti fanno vincere ogni traversia di questa vita. Lui ce l’ha fatta, tutti ce la possiamo fare, è il senso di questa storia.
Questa è la vera forza di Bruce, oltre ad un unico ed innato talento senza uguali.
Pensa positivo. Lo dice anche un altro che ha un carisma e capacità di toccare certe corde per certi versi simile a quello del Boss.
Dopo altre piccole sorprese, che però si ripetono ad ogni show, come quello di far cantare una strofa di Waitin’ On A Sunny Day da un bambino che pareva il nuovo Justin Bieber da quanto era intonato,
la conclusione arriva con un gioioso medley Twist And Shout/La Bamba, dove ci siamo tutti – anch’io! – ritrovati a ballare con la Band.
Eccola la forza di quest Uomo, ecco perché i fan non si accontentano di andarlo a sentire una volta sola. È un rito collettivo dove ogni volta se ne esce più felici, anche con più speranze per il futuro, anche se sarebbero solo canzonette…
E poi? poi il giorno dopo si è preso un Intercity Padova-Milano perché tre giorni dopo lo aspettava San Siro con altri sessantamila.
Si ha preso un treno. E questo la dice lunga. Mi immagino già chi se lo è trovato come compagno di viaggio.
E Caterino è sempre lì che sogna.
5 giugno 2013 at 00:39
Caro Fosco, vuoi un commento ? Sono la tua vecchia “maestra” e proprio perché sono attempata, non sono mai andata ne mai andrò ad un concerto; tuttavia grazie a quanto hai scritto mi sembra di esserci stata. Il mito per me sei tu ! Bravo!
6 giugno 2013 at 15:23
Cara Ivana, non sono Fosco :-), ma l’autore dell’articolo. Grazie comunque per l’apprezzamento!
5 giugno 2013 at 00:40
Che bella storia! Grazie per il racconto dei dettagli:grande Andrea!
5 giugno 2013 at 12:24
grazie a te per averla letta!
5 giugno 2013 at 15:26
rivivere quei momenti leggendo un racconto di quei momenti ……..
che belle emozioni grande bruce !!!!! marco f.
5 giugno 2013 at 15:28
io c’ero , come c’ero a milano nel 1985 la prima di bruce in italia e a trieste e….., e devo dire che ogni volta mi commuovo sempre di più….Born tu run intero + tom joad da solo valevano il concerto….in piu caterino…. no words…un abbraccio a tutti
5 giugno 2013 at 19:47
eh, ero anch’io a Trieste, come hai letto. La commozione la fa da padrona, per tutto quello che è quel concerto,il senso di vicinanza e le emozioni che smuovono le sue canzoni.
E Padova è stato davvero una botta di energia, io già piangevo con l’armonica di Tom Joad… 🙂
26 giugno 2013 at 18:52
Caro Massimo, sono Roberto, ero con te a Milano nell’85 ( ricordi quando hai perso e ritrovato il portafoglio in mezzo a quel casino? Solo quella sera poteva succedere un miracolo del genere). A padova era il mio 40° concerto di Bruce, ormai e’ una “malattia” che non voglio assolutramente curare. Ti abbraccio forte. Roberto della Pinali.
5 giugno 2013 at 19:27
bellissimo..grazie…
6 giugno 2013 at 08:46
Questo articolo, peraltro scritto in maniera mirabile, racconta la mia storia, oltre che la tua. Anche io a Padova ero al mio secondo concerto di Bruce, ed anche per me il “battesimo” col Boss fu nel 2012 a Trieste. Anche io ho vissuto un arrivo piuttosto avventuroso allo Stadio Euganeo, ed anche io ho perso di un soffio i due pezzi del preshow acustico (che però c’è stato ahimé alle 17:30, perché lo sentivo cantare mentre stavo entrando…pensa che sfiga!). Tutta una serie di incredibili coincidenze, incredibili come le emozioni che solo il Boss è in grado di regalare in un concerto live. Coincidenze anormali, che diventano “normali” nel momento in cui si parla di un artista che credo sia l’unico al mondo in grado di far sentire il pubblico “una cosa sola”. Sotto il palco eravamo tutti uguali, una enorme e roboante “E Street band”. Ed oggi più che mai condivido un pensiero comune che ho letto su Springsteen: “IL MONDO SI DIVIDE IN DUE CATEGORIE DI PERSONE: CHI ADORA BRUCE SPRINGSTEEN E CHI NON L’HA MAI VISTO DAL VIVO!!!”.
6 giugno 2013 at 12:18
Grazie Valerio, anche per il “mirabile” :-), ma sai, quando si scrive col cuore è facile scrivere belle cose. Leggo il mio blog e vedo che siamo non in tanti, ma tutti sulla stessa lunghezza d’onda. Avanti così!!!
6 giugno 2013 at 09:28
Compliementi per il pezzo!!!!
Io a PD non c’ero, ma sono stato a San Siro l’altro ieri. Epico e monumentale come sempre…
Che Dio lo preservi sempre in forma e in salute il nostro Boss….
6 giugno 2013 at 15:22
grazie!!!!
6 giugno 2013 at 10:27
È bellissimo leggere pezzi così… Emozioni tue che leggi nelle parole degli altri. Emozioni “nostre”. Solo Bruce puó. 🙂
6 giugno 2013 at 10:30
Ah, e a onor di cronaca… Anche io sono stata “battezzata”a Trieste 🙂
6 giugno 2013 at 12:19
Yeah, ti ho già risposto sul tuo blog (molto bello tra l’altro), un abbraccio!!!!
6 agosto 2013 at 12:01
Bell’articolo! che bello è vedere che le emozioni di quel concerto sono state le stesse per tutti! impossibile restare indifferenti al bruce!
Grazie!
6 agosto 2013 at 14:08
Grazie a te, InTheFlesh. E dal tuo nome immagino che l’Euganeo tu l’abbia toccato anche per Roger…sto scrivendo qualcosa anche per The Wall 🙂
6 agosto 2013 at 14:58
eheh già, InTheFlesh è il nome che abbiamo scelto io e un po’ di amici per il nostro blog e svela abbastanza i nostri gusti musicali. Aspetto il tuo articolo!
Buon lavoro, Ciao!